Il nodo Palermitano della Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro con questo blog intende creare uno spazio libero di informazione di classe aperto a tutti coloro che ((consapevoli della continua strage di lavoratori morti sul e per il lavoro)) vogliano contribuire alla lotta -- BASTA MORTI E INFORTUNI IN NOME DEL PROFITTO T -- PADRONI ASSASSINI PAGHERETE CARO . PADRONI ASSASSINI PAGHERETE TUTTO -- per un contatto diretto 338-3342733 o 338- 7708110 oppure retesicurezzalavorosicilia@gmail.com

giovedì 29 novembre 2012

Ancora prescrizione per i morti sul lavoro!

Palermo. Corte d’appello. I titolari dell’azienda erano stati assolti in primo grado

Operaio morto sul lavoro
Accuse prescritte per la ditta

Morì in un incidente sul lavoro: in primo grado i responsabili della ditta in cui era impiegato, la Mediterranea Costruzioni, sono stati assolti. Per i giudici a causare il decesso sarebbe stata la stessa vittima, Antonino Culotta, che avrebbe avuto un comportamento imprudente.
Oggi la sentenza della Corte d’Appello che ribalta il verdetto, ma dichiara la prescrizione del reato. Una decisione che, però, apre la strada agli eredi dell’operaio, difesi dall’avvocato Salvino Pantuso, e dall’Inail, assistita dall’’avvocato Salvatore Cacioppo, al risarcimento del danno.
I fatti sono del 21003: Culotta stava cercando di rimuovere un palo in piazza San Lorenzo con l’aiuto di un collega alla guida di un escavatore. Il palo gli cadde sulla testa – l'operaio non aveva il casco protettivo- fracassandogli il cranio.
Sotto processo per omicidio colposo finirono il legale rappresentante della ditta Settimo Montestanto, Pietro Tomasello, alla guida del mezzo, e il direttore del cantiere Giuseppe Storniolo. Per il giudice monocratico non avrebbero avuto alcuna responsabilità nella morte di Culotta. Diversa la valutazione dei giudici d’appello che, però, hanno dovuto prednere atto della prescrizione del reato.

Giornale di Sicilia
29 novembre 2012

Gela, muore operaio schiacciato da un tubo


Incidente sul lavoro a Gela
operaio muore schiacciato da tubo

Francesco Romano, trent'anni, è stato investito dalla tubazione che si è sganciata all'improvviso da una gru probabilmente per il forte vento

di LORENA SCIME'

Gravissimo incidente sul lavoro a Gela, un operaio è morto mentre svolgeva dei lavori di montaggio presso la radice pontile. La vittima si chiama Francesco Romano, 30 anni. L'uomo avrebbe perso la vita durante delle operazioni di montaggio per la sostituzione di una linea al pontile, nell'area della raffineria, per conto di un'impresa. Non sono ancora chiari i fatti e la dinamica è da ricostruire. Da una prima analisi dell'accaduto, pare che il giovane stesse portando avanti l'attività di manovra di un tubo attraverso una imbracatura per effettuare poi la saldatura ma qualcosa è andato storto, Romano sarebbe stato investito della grande e pesante tubatura sganciatasi inaspettatamente da una gru, probabilmente a causa del forte vento che ha investito la città. 

Sono stati momenti di terrore per tutti i colleghi di lavoro che erano con lui. Immediati i soccorsi, ma per l'uomo non c'è stato nulla da fare. Sul posto si trovano i carabinieri del reparto di Gela e gli agenti del commissariato di polizia. L'area di cantiere è stata posta sotto sequestro dalla magistratura. "Siamo senza parole, dinanzi ad una  tragedia così immane non si può far altro che esprimere sofferenza e dispiacere. La Cosmisud stava svolgendo dei lavori al pontile da qualche tempo  -  ha detto Silvio Ruggeri della segreteria della Uilcem  -   non sappiamo cosa sia accaduto, ma tutti insieme all'impresa cercheremo di capire." Intanto, domani, tutte le sigle sindacali si riuniranno in un direttivo 
convocato d'urgenza.
(28 novembre 2012)

palermo.repubblica.it

Morto ex operaio Sacelit, è la 109sima vittima dell'amianto nel Messinese


IL CORDOGLIO DEL NEO ASSESSORE REGIONALE ALL'AMBIENTE


28 novembre 2012 - È morto un altro ex operaio della Sacelit, l’azienda di San Filippo del Mela, nel Messinese, che produceva amianto. A renderlo noto l’ex dipendente della ditta Salvatore Nania, presidente del comitato ‘Ex esposti amianto e ambiente‘.
“Dopo mesi di sofferenze – ha riferito Nania - Santo Andaloro, 80 anni, anche lui colpito da malattie che riguardano l’esposizione all’amianto, è morto. Si tratta della centonovesima persona deceduta tra gli operai e i loro familiari, a causa dell’asbestosi provocata dalle fibre killer”.
Il neo assessore all’Ambiente, Mariella Lo Bello, dopo avere appreso la notizia della morte dell’ex operaio ha voluto esprimere il suo cordoglio. “Sono rimasta profondamente rattristata da questa ennesima morte di un lavoratore a causa dell’esposizione all’amianto nel distretto del Mela. La vita delle persone per troppo tempo è stata trattata come fosse una merce“.

“La tutela della vita e dell’ambiente e la difesa del lavoro – ha aggiunto l’assessore – devono essere salvaguardate, e sono queste le priorità che mi sono posta per questo incarico. Non vogliamo che vi siano dei casi Ilva in Sicilia. Rafforzeremo i controlli e accelereremo le operazioni di bonifica – ha concluso l’assessore – perché la sicurezza dei lavoratori e degli abitanti di quel comprensorio va salvaguardata”.


http://messina.blogsicilia.it/morto-ex-operaio-sacelit-109sima-vittima-dellamianto-a-san-filippo-del-mela/111718/

giovedì 15 novembre 2012

Gela, operai ammalati e morti per inquinamento, 17 indagati all'Eni



L'inchiesta della Procura coinvolge tecnici e dirigenti del reparto Clorosoda, dove si sarebbero ammalati decine di dipendenti, alcuni dei quali poi deceduti
14/11/2012
GELA (CALTANISSETTA) - Il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Gela, Lucia Lotti, ha sottoposto a indagini 17 persone, tra tecnici e dirigenti del reparto Clorosoda, l'impianto dell'Eni per la produzione di ipoclorito, soda caustica e dicoloroetano, sostanze che avrebbe fatto ammalare decine di dipendenti, alcuni poi morti.

A vario titolo sono indagati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi, secondo responsabilità legate alle posizioni di garanzia occupate nelle diverse società (Anic, Enichem, Praoil, Syndial, ecc), alle quali ha fatto capo l'impianto Clorosoda. Il pubblico ministero ha chiesto al gip di poter acquisire sin d'ora la testimonianza, attraverso incidente probatorio (cioè prova definitiva da portare a dibattimento), di uno dei 105 operatori di questo reparto, ormai in condizioni di malato terminale perchè affetto da "patologie assai gravi, tali da porlo in condizione di precarietà e pericolo di vita".

Si cerca di appurare il nesso di causalità tra le malattie che lo hanno colpito e la sua attività di lavoratore a contatto con gli inquinanti in quell'impianto chimico dell'Eni. Analogo provvedimento, in incidente probatorio, è stato richiesto allo stesso gip al fine di acquisire le perizie medico-legali di 12 lavoratori del Clorosoda, già deceduti negli anni passati, per i quali, non si esclude l'esumazione dei cadaveri e l'autopsia.

La procura comunica con una nota di avere "acquisito una vasta mole di dati e documenti identificate le diverse patologie, spesso ricorrenti, riportate da tanti lavoratori e vagliata accuratamente la riconducibilità di tali malattie al contatto con le sostanze chimiche presenti nell'impianto ed alle modalità con cui queste venivano trattate nell'ambiente di lavoro".

"Per avere una prima ricostruzione del quadro specifico delle patologie e del nesso causale - prosegue il comunicato della procura - è stata quindi disposta ed acquisita una consulenza tecnica medico-legale che ha messo a fuoco, attraverso l'esame del materiale documentale raccolto, le posizioni dei lavoratori affetti da patologie o deceduti e i profili di possibile riconducibilità alle lavorazioni dell'impianto clorosoda>>.

da
siciliaweb

martedì 13 novembre 2012

La battaglia per la salute al Policlinico di Palermo continua e ha i primi effetti




Policlinico di Palermo
Salute e Sicurezza nei luoghi di lavoro”

Importante esito
della denuncia dello SLAI Cobas per il sindacato di classe effettuata in ottobre, contro le condizioni da quarto mondo in cui sono costretti a lavorare
parecchi dipendenti del Policlinico

Trasferiti i primi 4 lavoratori dalla “baraccopoli”

Dopo i celeri controlli effettuati dal Servizio Interno di Prevenzione e Protezione del Policlinico, la scorsa settimana, i primi quattro lavoratori che per ben 5 anni hanno vissuto da terremotati, stipati, tra l’altro, come cani all’interno di minuscoli container, di loculi adibiti ad uffici, magazzini, spogliatoi, bagni, il tutto condito da una bella grande fogna posizionata proprio davanti alle porte, sono stati trasferiti presso gli uffici dell’Area Facility Management.
Grazie alla mancata applicazione delle leggi in materia di salute e sicurezza, per lungo tempo questi dipendenti sono stati esposti a seri rischi per la salute, tanto da avere contratto diverse patologie, ma amministrazione, sindacati collaborazionisti, Medico Competente, tutti erano “ciechi”.
Adesso le cose cominciano a cambiare, anche perché abbiamo saputo che è intervenuta anche la S.PRE.S.A.L. , a cui lo Slai Cobas aveva fatto appello. Ora tocca al resto dei lavoratori delle “baracche” poter avere, finalmente, una sistemazione dignitosa. Intanto si aspetta l’esito dei controlli sugli altri luoghi di lavoro segnalati.
Si tratta sicuramente di una vittoria, che nessuno si aspettava, men che meno i lavoratori interessati, dopo che per anni avevano chiesto, invano, aiuto alle organizzazioni sindacali a cui aderiscono o aderivano, e al medico competente, che puntualmente allargava loro le mani, come per dire, di averle legate.
Vittoria che ha incoraggiato altre lavoratrici e lavoratori, che hanno cominciato a rompere il silenzio sulle proprie precarie e rischiose condizioni di lavoro, ma anche sulle mansioni pesanti e faticose a cui sono adibiti, malgrado affetti da patologie fortemente incompatibili, che ne peggiorano lo stato di salute.
A proposito di quanto sopra, da una recente inchiesta dell’Inail emerge che la mancata sicurezza sul lavoro costa 50 miliardi di euro all’anno, per infortuni e malattie professionali delle quali vi è una generale sottovalutazione, così come del “rischio stress lavoro-correlato”.
La cosa altrettanto grave è che il governo moderno fascista di Monti, malgrado ciò, in nome dei profitti dei padroni e delle aziende, di recente ha modificato in peggio le norme di tutela sul lavoro (Dlgs. N. 5/2012 sulla Semplificazione), a partire dalle fabbriche e dai cantieri. Peggioramento normativo che sicuramente ben presto toccherà tutti gli altri luoghi di lavoro, così come è accaduto con la legge sulle pensioni, con la legge Brunetta sul pubblico impiego ecc..
In tal senso, il Policlinico di Palermo ha già precorso i tempi, essendo uno dei più vergognosi esempi nell’ambito della sanità, in cui salute e sicurezza sono considerati essenzialmente un optional, grazie anche alla complicità dei “sindacati amici” dell’azienda nonché del medico competente, che finge di non vedere.


Contro la politica del risparmio di governi, padroni, amministrazioni
sulla salute e sulla pelle dei lavoratori,
è necessaria una forte denuncia, opposizione e mobilitazione
di tutti gli operai e i lavoratori, in ogni luogo di lavoro e in ogni città!


SLAI Cobas per il sindacato di classe –Policlinico Pa, 10.11.2012

sabato 10 novembre 2012

Allarme diossina in quattro comuni la Regione vieta latte e formaggi


http://palermo.repubblica.it/cronaca/2012/11/09/news/allarme_diossina_in_quattro_comuni_la_regione_vieta_latte_e_formaggi-46277028/

Il provvedimento varato dopo l'incendio di questa estate a Bellolampo: Borgetto, Carini, Giardinello e Montelepre i comuni interessati. Vietato l'uso e consumo di latte e prodotti caseari provenienti dalle aziende dei comuni della zona di protezione, la raccolta di funghi e lumache, il pascolo di animali, il consumo in proprio e la cessione a terzi di carni e uova e lo spostamento degli animali da allevamento


Allarme diossina in quattro comuni la Regione vieta latte e formaggi
La discarica di Bellolampo in fiamme




La Regione rafforza le misure di prevenzione da rischio diossina dopo l'incendio del 29 luglio scorso nella discarica di Bellolampo. Lo stabilisce un decreto del dirigente generale del dipartimento regionale attività sanitarie Lucia Borsellino pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Regione Siciliana. Il decreto definisce i comuni di Borgetto, Carini, Giardinello e Montelepre, nel Palermitano, "zona di protezione da sospetta contaminazione da diossine e policlorobifenili" e vieta l'uso e consumo di latte e prodotti caseari provenienti dalle aziende dei comuni della zona di protezione, la raccolta di funghi e lumache, il pascolo di animali

Vietato anche il consumo in proprio e la cessione a terzi di carni e uova prodotti dopo il 29 luglio in allevamenti da cortile rurali a conduzione familiare e lo spostamento di animali (bovini, ovini, caprini, maiali, cavalli, anatre, oche, tacchini, eccetera) allevati per la produzione di alimenti destinati al consumo umano, l'uso e la vendita di foraggi, contaminati e di quelli esposti a contaminazione da diossina. I sindaci dei comuni di Borgetto, Capaci, Carini, Giardinello, Montelepre, Palermo e Torretta e l'Azienda sanitaria provinciale di Palermo sono incaricati di dare immediata esecuzione al provvedimento.
GUARDA / La discarica in fiamme

"Bene il provvedimento della Regione a tutela dell'incolumità pubblica, ma è opportuno anche un provvedimento a sostegno delle aziende e delle attività economiche che verranno penalizzate dal blocco della produzione e della vendita dei prodotti" dice il deputato regionale del Pdl Salvino Caputo. Per Caputo "si tratta di un provvedimento a tutela ma è chiaro che la Regione adesso deve prevedere anche un piano di interventi a sostegno delle imprese e delle aziende colpite dal blocco. Dobbiamo evitare che tutto questo possa determinare conseguenze negative per la produzione e per il commercio". Molti produttori sono pronti ad avviare azioni di risarcimento, cui l'assessorato regionale Agricoltura farà fronte con somme già stanziate in appositi capitoli.

(09 novembre 2012)




mercoledì 7 novembre 2012

Morti per amianto alla Fincantieri, condanne e prescrizione per i responsabili


La sentenza. Per la Corte d’Appello, su otto decessi, risalenti a un periodo precedente al 1997, è scattata la prescrizione

Le morti per l’amianto al Cantiere
Pena ridotta a tre ex dirigenti
Condanne più lievi per Luciano Lemetti, Giuseppe Cortesi e Antonino Cipponeri

Tra le vittime c’è anche Calogera Gulino che le fibre di amianto le ha respirate non all’interno della Fincantieri, ma semplicemente lavando le tute del marito, Angelo Norfo, operaio ai Cantieri navali e deceduto anche lui per un mesotelioma. A loro si aggiungono altre 41 persone (di cui 6 stroncate definitivamente dalla malattia tra il primo e il secondo grado di giudizio), nonché altre 19, in vita, ma soffocate dall’asbestosi.

Ieri, la quarta sezione della Corte d’Appello ha però ridotto le pene inflitte per i 43 omicidi colposi ed i 19 casi di lesioni grandissime a tre ex dirigenti della Fincantieri, Lemetti, Giuseppe Cortesi e Antonino Cipponeri, che non avrebbero adottato misure idonee per tutelare la salute dei dipendenti. Otto morti, risalenti ad un periodo precedente al 1997, sono infatti ormai da considerarsi prescritte. La pena (sospesa) di Lemetti è così passata da 7 anni e mezzo a 4 anni e 2 mesi, quella di Cortesi da 6 a 3 e mezzo e quella di Cipponeri da 3 a 2 anni e 8 mesi. Restano fermi però i risarcimenti di decine di migliaia di euro già concessi agli operai e ai loro famigliari dal giudice Gianfranco Criscione con la prima storica sentenza Fincantieri a Palermo, del 26 aprile 2010.

Gli avvocati di parte civile (si erano costituite anche la Fiom, Inail, Legambiente), Fabio Lanfranca, Salvatore Cacioppo, Paolo Palma, Ermanno Zancla e Giuseppe Sciascia sono soddisfatti soprattutto perché è passata la linea secondo la quale, trattandosi di omicidi colposi plurimi, la prescrizione debba essere di 15 anni e non di 10.

I giudici hanno confermato la prescrizione, senza entrare nel merito, per altri due imputati che avevano appellato la sentenza di primo grado, salvatore Grignano, titolare della “Blastcoat”, e Giuseppe Scrima a capo della coop “Rinascita Picchettini”, due aziende dell'indotto Fincantieri.

Altri quattro filoni dell’inchiesta sull’amianto alla Fincantieri stanno facendo il loro percorso giudiziario. Quello che si è concluso ieri in appello era il primo arrivato a dibattimento ed incentrato su casi di lesioni e di morti avvenute tra il 1995 ed il 2000. L’indagine della Procura era partita nel 1999, quando iniziarono ad arrivare le prime segnalazioni di operai dei Cantieri navali morti o che si erano ammalati dopo essere stati a contatto con le volatili fibre di amianto (bandito in Italia dal 1992) o con materiali che le contenevano. Soprattutto durante la riparazione dei motori delle navi, dove il minerale veniva usato come isolante nelle paratie. In poco tempo le segnalazioni diventano duecento. Diversi casi al vaglio del pm Emanuele Ravaglioli, per il lungo tempo trascorso, nascono già prescritti e verranno subito archiviati.

La maggior parte degli operai colpiti da mesotelioma, da tumori alla pleura e da asbestosi sono stati assunti negli anni ruggenti della Fincantieri, tra i ’50 e i ’60 e non appartengono a nessun reparto specifico: le fibre di amianto soni così volatili da poter essere inalate ovine. Persino a casa, lavando le tute.

Gds 7/11/12